3 Feb 2017, 12:00 | Attualità News Sport | Scritto da : Reporter
Reggio e il Basket, quando la passione “perde la testa”
di Gabriele Cantarelli
Il repertorio è vario. Ci sono quelli che…”Landi ha finito i soldi”. E quelli che… “Aradori non può vedere Kaukenas”. Ci sono anche quelli che… “Lo scudetto andava vinto due anni fa”. E non mancano quelli che… “Frosini non capisce niente di mercato”. Ai catastrofisti/pessimisti/insaziabili geni della palla a spicchi di casa nostra sarebbe fin troppo facile ricordare le indimenticabili partite giocate dalla Pallacanestro Reggiana contro Osimo, Sant’Antimo, Casalpusterlengo non più di tardi di una decina di anni fa. E, già che ci siamo, potremmo rincarare la dose ricordando a tutti quanti che la memoria è corta sì, ma che sul carro dei vincitori poi il posto è garantito un po’ per tutti. Frequentiamo via Guasco da più di vent’anni. Il palasport era brutto allora come lo è adesso. Sul parquet abbiamo visto alternarsi campioni assoluti come Mike Mitchell, Bob Morse, Rimantas Kaukenas e Terrel Mc Intyre a “bidoni” clamorosi come Thalamus Mc Gee, Paolo Boesso, Ryan Humprey, Romel Beck o i più recenti Golubovic e James. Canestro dopo canestro, vittoria dopo sconfitta, una cosa però l’abbiamo capita: con i giudizi “tranhant” ci vuole prudenza. Perché tante, troppe volte il parquet ha poi restituito nei denti agli “espertoni” di basket che popolano i gradoni del PalaBigi gli insulti, i fischi e i mormorii di disapprovazione già piovuti in occasione delle ultime gare casalinghe contro Cremona e Caserta. La situazione è seria, ma non grave. Ci sono alcuni punti fermi che però vanno chiariti una volta per tutti. Innanzitutto, c’è il doveroso e legittimo passo indietro da parte del patron Stefano Landi. Un imprenditore cui i reggiani, quanto meno gli appassionati di sport dovrebbero erigere un monumento in via Guasco. Perché mentre attorno a noi sparivano realtà storiche della pallacanestro tricolore come Siena, Treviso, Trieste e le altre “basket cities” noi ci riempivamo la pancia con finali di Coppa Italia, finali scudetto, vittorie in campo internazionale. Chi è cresciuto sui gradoni del palasport negli anni ’80 e ’90 mai avrebbe pensato di raggiungere in vita simili traguardi. La congiuntura economica e, in particolare, la situazione dell’azienda del patron hanno di fatto ridimensionato il budget a disposizione dell’area tecnica a inizio stagione. Budget e stagione che sarebbero stati probabilmente rivisti al rialzo se non ci si fosse poi messa in mezzo la politica italiota con le cariche troppo spesso confuse alle caricature. Lo sporco giochino del duo Petrucci-Malagò (niente Eurocup per le italiane in cambio di torneo preolimpico e candidatura romana ai Giochi) è tanto palese quanto incontrastabile da una società seria e competente, ma pur sempre piccola, come la Pallacanestro Reggiana. Terzo elemento da mettere sul piatto: la costruzione del roster. Difficile sapere dove arrivano le ristrettezze economiche e finiscono gli errori di valutazione. Sicuramente il pacchetto italiano della squadra non è stato controbilanciato con un altrettanto sostegno di giocatori comunitari o stranieri. Errori di valutazione coperti (purtroppo, o per fortuna) dal brillante avvio di campionato della squadra di Max Menetti che forse confuso un po’ tutti sul livello del roster. Ormai è tardi, cantava Vasco Rossi. Forse sì. Difficile rimediare ad un errore in corsa. Quasi impossibile mettere pezza a tre o quattro svarioni. Va da sé che con l’intera squadra a disposizione il buon Max aveva cucinato a puntino un ottimo piazzamento tra le prime quattro in classifica. Nonostante e contro tutto e tutti: guarda caso lo scenario che più carica Menetti. Tra due settimane si va a Rimini per le “final eight” di Coppa Italia. Scommettiamo che la Grissin Bon riuscirà a sorprenderci un’altra volta? Per scaramanzia, però, fateci una cortesia: il carro dei vincitori lasciatelo in garage.