3 Nov 2015, 18:22 | Attualità News | Scritto da : webrep
Dopo l’allarme lanciato dall’OMS si apre il dibattito: ma che vita sarebbe senza salumi e salsicce?
Il salame come l’amianto. Le salsicce tossiche quanto il fumo. E la pancetta pericolosa quanto l’abuso di alcool. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha nei giorni scorsi ufficializzato con tanto di documentazioni ed esperimenti quanto già sapevamo: e cioè che l’abuso di carni rosse e insaccati non fanno bene. Abuso è la parola chiave di tutta questa vicenda. Il messaggio lanciato dall’OMS, amplificato dalle casse di risonanza incontrollate dei social, rischia infatti di banalizzare una sacrosanta verità acquisita negli anni in campo scientifico. Ma banalizzare questo messaggio comporta dei rischi.
SOLTANTO UN ITALIANO SU DIECI HA MODIFICATO LE PROPRIO ABITUDINI DOPO L’ALLARME
Gli allarmi veri e presunti a tavola sono costati al Made in Italy quasi 12 miliardi di euro negli ultimi 15 anni soprattutto per effetto del taglio degli acquisti provocato da psicosi ingiustificate. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti nel sottolineare che, ad oggi, secondo l’indagine on line, solo l’11 per cento ha contenuto il proprio consumo di carne e insaccati dopo le notizie diffuse con la pubblicazione del rapporto Oms, mentre è ancora presto per valutare gli effetti dell’annuncio degli studi sul caffè. “Si tratta di un segnale importante che dimostra il buon lavoro di informazione che è stato fatto a partire dalle Istituzioni, ma è anche il frutto delle precisazioni della stessa Oms che ha chiarito che nessun alimento deve essere eliminato dalla dieta”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che occorre ora intervenire con misure strutturali a partire dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne anche nei trasformati come i salumi. Sotto accusa infatti – sottolinea la Coldiretti – è il ritardo dell’Unione Europea nell’adottare misure di trasparenza dell’informazione al consumatore, come l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle materie prime utilizzate che l’esperienza ha dimostrato essere un efficace strumento di garanzia. L’inizio del secolo – riferisce la Coldiretti – è stato segnato dall’emergenza mucca pazza del 2001 che è quella che ha pesato di più sulla filiera alimentare, seguita dal 2003 dall’allarme aviaria che si è riproposta anche nel 2005. Sono state stimate dalla Coldiretti pari a 2 miliardi le perdite subite dal sistema della produzione, trasformazione e commercio della carne subite solo a seguito dell’emergenza mucca pazza nel 2001 principalmente per il crollo dei consumi che si sono quasi dimezzati nel momento piu’ acuto della crisi per poi riprendersi molto lentamente nonostante le misure di prevenzione adottate. In questa direzione particolarmente efficace – sostiene la Coldiretti – si è dimostrata l’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne bovina in vendita. Una misura che è stata introdotta in Italia con successo anche per la carne di pollo (2005), in occasione dell’emergenza influenza aviaria dopo un calo dei consumi che ha superato il 60 per cento nella fase piu’ critica e danni valutabili complessivamente in quasi un miliardo di euro secondo la Coldiretti. Nel 2008 è stata invece la volta della carne alla diossina, a seguito della contaminazione nei mangimi, e del latte alla melamina in Cina. Due anni più tardi (2010) – conclude la Coldiretti – è arrivata la mozzarella blu a spaventare i consumatori mentre nell’estate del 2011 è comparso il batterio killer, che fece salire ingiustamente i cetrioli sul banco degli imputati e poi nel 2013 è stata la volta delle polpette di carne di cavallo spacciata per manzo.
CONFCOMMERCIO: “RIPORTARE I DATI NEL GIUSTO CONTESTO”
“Non vogliamo sottovalutare l’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità ma i dati vanno riportati al loro giusto contesto e alla loro finalità”: così Donatella Prampolini Manzini, Presidente di Confcommercio–Imprese per l’Italia Reggio Emilia invita a fare chiarezza sulle carni rosse e le carni lavorate. “Le informazioni di questi giorni –spiega Donatella Prampolini Manzini- sono un’occasione per fare educazione e, invece, si sta diffondendo un allarmismo non giustificato. I dati dello studio, innanzitutto, partono da un consumo procapite molto superiore a quello italiano e non ci sono indagini che dicano puntualmente quale sia la soglia oltre la quale il consumo di carne rossa e carne lavorata può essere considerato potenzialmente cancerogeno”. “Se poi ci si prende il tempo per fare ricerche più approfondite –aggiunge Donatella Prampolini Manzini- si scopre che altri studi, di qualificati esperti, dicono che un modesto consumo di carne è salutare”. “Pertanto –conclude Donatella Prampolini Manzini- riteniamo che le informazioni di questi giorni debbano riacquisire lo spirito originario che non è quello di fare terrorismo, ma di stimolare una corretta educazione alimentare, dove gli eccessi, di qualsiasi natura, sono potenzialmente nocivi. Gli italiani sono tra le persone più longeve al mondo e la carne e i salumi hanno sempre fatto parte della nostra cultura. Ora sappiamo che è opportuno non eccedere nei consumi, ma questo non significa che ci si debba mettere in allarme come purtroppo sta accadendo in questi giorni”.
ANCHE LA LEGA INVITA ALLA MODERAZIONE
In attesa di qualche presa di posizione sull’argomento da parte del Partito Democratico, arrivano dalla Lega le prime dichiarazioni in merito all’allarme carne rossa e lavorati lanciato dall’OMS. “Un conto è effettuare degli studi su prodotti provenienti da altre parti del mondo, tutt’altra cosa è parlare dei nostri prodotti locali che sono senza alcun dubbio delle eccellenze”. Così Fabio Rainieri vicepresidente leghista del consiglio regionale dell’Emilia Romagna punta l’accento sulla denuncia dell’Oms che mette sullo stesso piano la carne, con il fumo e l’amianto. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità – spiega Rainieri – è certamente un organismo autorevole, ma un conto è effettuare degli studi su prodotti provenienti da altre parti del mondo, altra cosa è parlare dei nostri prodotti locali che sono senza alcun dubbio delle eccellenze. L’Emilia Romagna e’ la culla di quella cultura gastronomica che il mondo ci invidia. Per questo abbiamo preparato una risoluzione da depositare in Consiglio a sostegno delle nostre produzioni di eccellenza”. Insieme a Rainieri l’intero gruppo della Lega Nord in Regione: “Le nostre tradizioni e la nostra storia – attaccano i consiglieri del Carroccio -, hanno radici ben salde. La lavorazione delle carni con materie prime di filiera selezionata e certificata sono parte integrante del nostro essere emiliani e romagnoli. Per questo invitiamo la Giunta regionale ad assumere una posizione chiara e decisa a sostegno di quelle produzioni come, ma solo per citarne alcune, il culatello e la mortadella , che non devono essere messe al bando ma che, al contrario, meritano di ricoprire un posto di assoluto rispetto a tavola”. “Come per tutte le cose – continua Rainieri – anche la carne deve essere consumata con moderazione, ma non demonizziamo le eccellenze del nostro territorio. Ci auguriamo ora – conclude – che tutte le istituzioni facciano quadrato attorno ai nostri produttori e alle nostre eccellenze”.